domenica 23 settembre 2012

L'unica lotta possibile dei pastori

    Siamo una azienda agricola a conduzione familiare con un allevamento ovino, che ha deciso di trasformare il latte prodotto dalle nostre pecore in formaggi pecorini tradizionali. 
Dopo aver seguito, il quasi obbligo, da parte della politica agricola,di ristrutturare la nostra azienda composta inizialmente da 80 capi ovini, perchè ci veniva detto di dover seguire delle norme igenico sanitarie, sulla mungitura (prima eseguita manualmente), sui locali per un benessere degli animali, sul numero dei capi perchè non si poteva pretendere di vivere con 80 pecore,ecc... per arrivare allo scopo, ci aiutavano con degli incentivi. Noi che avevamo circa 25 anni, circa 80 capi ovini, e una piccola stalla di 50 mq. e tanta voglia di lavorare entrambi(marito e moglie)nella nostra azienda. Abbiamo deciso di prendere i contributi e adeguarci alle norme.Abbiamo fatto un progetto per 300 capi, strutturato l'azienda con locali idonei compresi di mungitrice meccanica, stalla di circa 300 mq., ecc.., abbiamo lavorato entrambi sulla costruzione delle strutture, giorno e notte come pazzi, per poter rientrare nelle spese e indebitarci il meno possibile. Ci siamo riusciti, tutto sommato l'aiuto era stato buono, perchè si aveva aiutato sopratutto a lavorare meglio e senza non avremo potuto fare nulla. Abbiamo accumulato debiti che, anche se con sacrificio, riuscivamo a pagare pensando che dopo avremmo raccolto i frutti del nostro duro lavoro. Tutto questo prima dell'euro, quando il latte in Sardegna veniva pagato 1.600 lire, una bombola del gas costava 15.000 lire, un quintale di cereali dal consorzio agrario 18.000 - 20.000 lire al quintale,e l'industria casearia aggiungeva 20 lire per il latte refrigerato, ecc...
Subito dopo finiti i lavori in azienda(lo stesso anno) è entrato in vigore l'euro, con le seguenti conseguenze: il latte è sceso il 1° anno a 75 centesimi il litro, il 2° anno a 60 cent., il 3° anno a 50 cent., il latte veniva ritirato solo se refrigerato senza nessuna aggiunta di prezzo, la bombola del gas già dal 1° anno era salita a € 15(circa 30.000 lire), i cereali circa il 1°anno costava €15 il quintale il 2° €20, ad oggi circa €35 - €40, i concimi sono passati da 30 mila lire e sono arrivati a tocare i 160 euro al quintale, ecc... Morale della favola, nel giro di 3 anni ci siamo ritrovati pieni di debiti, obbligati a mantenere l'azienda per almeno 5 anni perchè avevamo preso il contributo, e una famiglia con 3 bambini piccoli da mantenere(oggi sono 4 figli). Non sapevamo più cosa fare e non capivamo dove avessimo sbagliato. Purtroppo siamo stati, lo dico e lo affermo, costretti a seguire il disegno politico studiato per farci cadere a rotoli, non sò se l'hanno fatto a posta o non sono capaci di gestire le situazioni che politicamente creano, stà il fatto, che chi paga per tutto questo siamo sempre noi che non possiamo decidere mai nulla.Dopo tre anni di disperazione e pieni di debiti fino al collo, abbiamo deciso che l'unica soluzione per uscire da questo monopolio era la trasformazione del latte nella nostra stessa azienda e vendere il formaggio direttamente. Con altrettanti sacrifici e una burocrazia assurda, abbiamo fatto il nostro piccolo mini-caseificio. Oggi lavoriamo tutto il nostro latte, abbiamo grandi soddisfazioni sul nostro prodotto perchè è un formaggio unico, meraviglioso, mantiene tutte le nosre tradizioni, ecc..., piano piano stiamo uscendo dai debiti accumulati. Purtroppo dobbiamo sempre confrontarci con il prezzo fatto dagli industriali, troppo basso, anche considerando il prezzo bassissimo del latte,con la differenza che loro prendono dei contributi per produrre formaggi e noi no, ma grazie a Dio la qualità e la diversificazione dei nostri formaggi è altamente superiore ai loro e la gente stà cominciando a considerare tutto questo.Mi auguro che il disegno politico studiato solo per loro e per l'industria casearia, cambi in-fretta, ma fino a quando continueranno a far credere di dare il contributo al pastore per poi sfilarglielo da destra e da sinistra, (l'industria casearia abbassando il prezzo del latte, e l'industria cerealicola salendo il prezzo dei mangimi, ecc...), tutto questo non finirà mai.....
Basti solo sapere che in Sardegna da quando è iniziato lo sciopero, i cereali sono saliti di prezzo pari a €3,........, non credo ci sia bisogno di dire altro. 
L'unica soluzione per il pastore è quella di riuscire a fare il prezzo del latte in base alle sue spese di produzione e un compenso dignitoso che le permetta di vivere come tutti, ed essere tutti uniti. Dovrebbe fare un prezzo con un contratto fatto da lui, magari con l'aiuto del "sindacato",(non fatto dal caseificio come avviene oggi) e proporlo all'industria casearia. Se quest'ultima vuole il latte, deve firmarlo entro il mese di luglio, se questo non avviene,i pastori devono avere la possibilità di venderlo ovunque o sapere se devono trasformare le aziende per la trasformazione in proprio, anche se quest'ultima soluzione è molto difficile da affrontare.Da parte della politica ci dovrebbe essere una tutela sul prezzo del latte, che elimini questo monopolio industriale, costringendo l'industria casearia a non scendere il prezzo sotto certi parametri accettabili, come avviene per il compenso di un qualsiasi operaio, non dare dei contributi sul pecorino romano perchè a quanto pare non si vende,così cominceranno a produrre i formaggi vendibili e non avrebbero più scuse. 
In conclusione, tutti in politica si lavano la bocca con l'agricoltura e sopratutto la pastorizia, con le sue tradizioni, con la sua storia, con i suoi prodotti, tutti vivono di questo perchè tutto e legato a questo, ma l'unico che ci lavora sopra come un mulo e paradossalmente non riesce più a vivere e neppure a mangiare del suo lavoro e proprio lui, il pastore e l'agricoltore.Tutto questo è solo vergognoso e assurdo, anche perchè se muore il settore produttivo legato alla terra di conseguenza a catena muoiono tutti gli altri settori, ma del resto la crisi generale non mi da torto.Il problema grande secondo mè e solo questo: Se il pastore e l'agricoltore riesce a vivere del suo lavoro,.... chi va poi in piazza a fare sciopero per chiedere aiuto in modo da avere la scusa per stanziare dei contributi, che apparentemente vadano all'agricoltura, ma in realtà vengono spartiti tra i grandi? Il pecorino romano se non sbaglio è un prodotto dell'industria casearia che a quanto pare è il problema dei problemi, ma io non ho mai visto un industriale in piazza, però, chissà perchè, la crisi sembra che si risolva comprando tutto il pecorino romano accumulato nei caseifici. Secondo voi il contributo lo stanno dando ai pastori o all'industriale? 

Maria Atzeni 
Az.agr. Pab'è is tellasa 
S.Andrea frius(CA) 
www.formaggipab.it